Associazione Culturale
LA FAGLIA
Oratino - Molise - Italia
Finalità e scopi statutari
- la ricerca e la cultura della tradizione “La Faglia” di Oratino e, nello specifico, la riproposizione dell’antico rito e il recupero dell’abbigliamento, dei canti e balli legati alla tradizione;
- sensibilizzare l’ambiente attraverso l’organizzazione e l’esecuzione di rappresentazioni pubbliche;
- diffondere e promuovere la tradizione “La Faglia” di Oratino, per tramandarne alle generazioni future l’importanza e favorirne il seguito;
- promuovere, favorire, rivalutare e far rivivere la tradizione mediante studi, ricerche e pubblicazioni varie;
- curare la raccolta della documentazione storica ed incoraggiare tutte le analoghe iniziative locali;
- collaborare con la scuola, gli enti, gli istituti italiani e stranieri che si interessano di cultura popolare e tradizionale;
- sensibilizzare la popolazione al rispetto della natura e dell’ambiente;
- promuovere e gestire corsi professionali inerenti le tradizioni popolari;
- diffondere la cultura popolare tra gli emigrati per contribuire a sostenere e rafforzare l’identità originaria e rinsaldare i rapporti con la terra di origine;
- rivalutare e promuovere la conoscenza e la diffusione degli sport e giochi popolari;
- promuovere e rendere operanti le attività legate alla cultura, in particolare quelle connesse alle tradizioni popolari, anche ai fini ricreativi e di utilizzazione del tempo libero;
- la propaganda e la promozione delle attività di valorizzazione delle feste e tradizioni popolari;
- l’associazionismo quale forma e mezzo per la promozione e realizzazione delle attività ricreative connesse alle attività svolte.
- recuperare il materiale storico attraverso ricerche di fotografie, descrizioni scritte ed interviste ad anziani e studiosi del paese stesso;
- organizzare giornate di studio e ricerca dedicate alla tradizione “La Faglia” di Oratino con mostre e visione di materiale informativo.
Tutte le cariche associative sono gratuite.
Organigramma
Giovanni Brunetti
Presidente
brunetti-giovanni@alice.it
+39 338 86 17 814
Giuseppe Tirabasso
Vice Presidente
giuseppetirabassocasale@gmail.com
+39 338 84 99 136
Fulvio Gentile Lorusso
Consigliere
fulviogentilelorusso@gmail.com
+39 338 91 35 891
Alessandro Altavista
Consigliere
altavistaalessandro@gmail.com
+39 346 54 48 603
Luca Fatica
Consigliere
faticaluca@gmail.com
+39 338 86 62 905
Referenti
Costruzione Faglia: Petti Enzo, Altavista Alessando, Tarasco Felice
Coordinatore posa ed ancoraggio piedistalli e cavi: De Felice Domenico, Iafelice Roberto, Mastrangelo Sandro
Impianti elettrici: Tirabasso Felice, Fatica Mauro
Logistica: Fatica Pietro, Tirabasso Pasquale
Settore alimentare: Tirabasso Pasquale, Petti Enzo
Mediatore linguistico e guida turistica: Cameli Laura
Servizi video e fotografici: Coccaro Chiara
Servizi web e comunicazione: Tizzani Roberto
Programmazione: Brunetti Giovanni
La Faglia
“Il suo eterno Sole splenderà
ed il suo Fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra,
sulla tenebra splenderà.
Allora la tenebra sparirà dalla terra.”
(dal Vangelo apocrifo di Levi – frammento 9)
La Faglia (da fax, facis: fiaccola, torcia), da diversi decenni fra le principali peculiarità nel patrimonio identitario di Oratino, è un’enorme torcia di canne lunga circa 13 metri e dal diametro di poco più di 1 metro che, durante il pomeriggio della Vigilia di Natale, viene trasportata dall’ingresso del paese fin davanti al campanile della Chiesa Madre “Santa Maria Assunta in Cielo” – il punto più alto del paese nel cuore del borgo antico – per essere innalzata ed accesa.
Le fasi preparatorie avvengono alcune settimane prima con il recupero delle canne a valle del paese, verso il fiume Biferno. Le canne raccolte servono sia per la costruzione della Faglia dell’anno in corso, sia per assicurarsi una riserva per la composizione della torcia dell’anno successivo.
L’assemblaggio della Faglia si realizza durante le sere del mese di dicembre, all’aperto, in un ampio cortile all’ ingresso del paese, ad opera di numerosi volontari.
Si comincia con l’incastrare singoli fasci di canne gli uni negli altri e, una volta raggiunta la giusta circonferenza, la Faglia viene stretta con 26/28 cerchi di “ornello” dal legno flessibile per assicurarne la tenuta: all’interno vengono inserite le canne più secche (raccolte l’anno precedente) per renderla più leggera e perché bruci correttamente, mentre quelle più fresche vengono poste all’esterno. Man mano che si inseriscono i fasci, questi vengono compattati dai battitori, con precisi colpi di pesanti pale di legno (partiell’).
Il rituale del trasporto della Faglia ha inizio nelle prime ore del pomeriggio della Vigilia di Natale, quando è sollevata da terra e, sorretta da assi di legno, portata a spalla da circa 50 uomini, in coppia sui due lati. I portatori sono sapientemente guidati dal ‘CapoFaglia’, che dirige con ordini fermi e decisi le varie fasi del trasporto – le soste per il recupero delle forze e le ripartenze – lungo il tragitto in ascesa fino al sagrato della Chiesa Madre. Un gruppo di suonatori oratinesi, con musiche e canti popolari, accompagna i portatori e rallegra i numerosi spettatori in corteo.
Il momento più delicato è quello inerente all’ultimo tratto che conduce verso il campanile. Infatti, in corrispondenza della ‘Porta del Colle’, i portatori devono effettuare un’accurata manovra per svoltare nel piccolo vico che conduce al sagrato.
Qui, la Faglia verrà lentamente innalzata in corrispondenza del campanile – su un punto contrassegnato a terra – dopo essere stata assicurata al campanile stesso e ad altre mura laterali, con cavi di acciaio.
La collaudata tecnica impiegata in questa lunga fase di innalzamento determina il corretto posizionamento verticale dell’imponente torcia davanti ad un pubblico molto coinvolto ed attento ad osservare queste operazioni che si protraggono per alcune ore.
A sera ormai inoltrata, arriva il momento più atteso, anticipato dalla benedizione del Parroco: l’accensione della torcia dalla cella campanaria.
La Faglia simboleggia, infatti, anche la nascita di Gesù Cristo (Luce del mondo) e, tradizionalmente, dal modo in cui arde si traggono pronostici ed indicazioni sul futuro della vita agricola e sociale del paese.
Le origini di questa tradizione devono essere ricercate negli antichi rituali propiziatori connessi al culto del Sole e del Fuoco che avevano luogo in occasione del solstizio d’inverno e del solstizio d’estate.
“La festività del Dies Natalis Solis Invicti (‘giorno di nascita del Sole Invitto’) veniva celebrata nel momento dell’anno in cui la durata del giorno cominciava ad aumentare dopo il solstizio d’inverno e rappresentava la ‘rinascita’ del sole. Il termine ‘solstizio’ viene dal latino solstitium, che significa letteralmente ‘sole fermo’ (da sol: sole e sistere: stare fermo).
Nell’emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre, il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore). Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano, dunque, la notte più lunga ed il giorno più corto dell’anno.
Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare ed il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate in giugno, quando si avrà il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare, diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo.
Quindi, nel solstizio d’inverno, il sole giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, e pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale ed ‘invincibile’ [invictus] sulle stesse tenebre: così, proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo ‘Natale’.
Quest’interpretazione ‘astronomica’ può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da un’osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.” (da Wikipedia: “Sol Invictus” –Natale).
“Per quanto l’estate sia in genere considerata una stagione gioiosa e l’inverno una stagione triste, per il fatto stesso che la prima rappresenta in certo modo il trionfo della luce e il secondo quello dell’oscurità, i due solstizi corrispondenti hanno, in realtà, un carattere esattamente opposto: ciò che ha raggiunto il suo massimo può ormai solo decrescere, e ciò che è giunto al suo minimo può invece solo cominciare a crescere. …il solstizio d’inverno segna l’inizio della metà ascendente dell’anno e ciò spiega pure, dal punto di vista del significato cosmico, l’espressione di San Giovanni Battista [la cui nascita coincide con il solstizio d’estate, momento in cui le ore di luce cominciano a diminuire]: “Bisogna che Egli [Cristo, nato al solstizio d’inverno] cresca e che io [Giovanni il Battista] diminuisca”. (Vangelo secondo Giovanni 3:30).”
(da “Simboli della Scienza Sacra” di René Guénon)
Brevi cenni su Oratino
“Oratino sorge a ponente di Campobasso, su amena collina,
composta in parte di calcare compatto,
per cui da occidente si vede biancheggiare
per le numerose cave di pietra, che si aprono ai suoi fianchi.
È a 770 metri sul livello del mare, isolato,
non riparato da alcun vento;
potrebbe dirsi la patria di Eolo,
non essendovi quasi giorno in cui alcun vento non spirasse.”
da ‘ORATINO – Suo passato … sue speranze per l’avvenire’ – 1929
(Arciprete Angelo Tirabasso)
Oratino è un borgo in pietra annoverati tra i borghi più belli d’Italia. Dal suo magnifico Belvedere si possono ammirare le montagne alto-molisane, le vette della Maiella e delle Mainarde, e in questo immenso panorama sono innumerevoli i paesi che si scorgono sulle alture della valle del Biferno. Lo sguardo, poi, si concentra sulla maestosa cresta rocciosa, denominata La Rocca, che si incastona, centrale, nell’incantevole paesaggio. Situato a breve distanza dal fiume e a valle dell’attuale centro abitato, la Rocca è un luogo di grande interesse: scavi archeologici hanno riportato alla luce resti di strutture e reperti risalenti all’Età del Bronzo e ancora visibili sono i resti di cinte fortificate di epoca sannitica. Su la Rocca si erge una torre, a pianta quadrata ed alta circa 12 metri, superstite di un antico monastero risalente al VI° secolo d.C. La vasca battesimale in pietra, attualmente collocata nell’atrio del Comune, apparterrebbe alla Chiesa di San Giovanni Ottobonis che, con la chiesa della Concezione, era parte di un insediamento medievale andato completamente distrutto nel funesto terremoto del 1456. La Rocca rappresenta un luogo magico, avvolto nel mistero ed oggetto di particolari studi. Una curiosità: si può riconoscere la Rocca nel film ‘Non ti muovere’ di Sergio Castellitto del 2004. Quest’area della valle del Biferno è attraversata da un segmento del tratturo Castel di Sangro-Lucera, strategico ed importante percorso per la transumanza di greggi dall’Abruzzo alla Puglia.
Due le chiese da visitare ad Oratino: la Chiesa di ‘Santa Maria di Loreto’, all’ingresso del paese, interamente in pietra, edificata su un precedente ed antichissimo luogo di culto. “… in un grandioso nicchio di legno dorato, è la statua della Madonna di Loreto, veneratissima. Essa proviene dalla Chiesa di San Giovanni Ottobonis della Rocca, salvata dopo il terribile terremoto [del 1456]. Certo è statuetta antichissima di legno, intera, di stile bizantino in origine…”. Nel 1757, i fratelli oratinesi Ciriaco e Stanislao Brunetti ne affrescarono mirabilmente le volte, le pareti e le colonne. Nella volta della navata centrale, vi è l’affresco della ‘Traslazione della Casa di Maria’. Vi si possono ammirare le settecentesche statue lignee della Madonna del Carmine dello scultore Crescenzo Ranallo, la Madonna del Rosario del giovane Carmine Latessa e Sant’Antonio Abate di Nicola Giovannitti. Qui sono sepolti gli ultimi duchi della famiglia Giordano.
La Chiesa Madre ‘Santa Maria Assunta in Cielo’, invece, è intramoenia e situata nel punto più alto del paese. È possibile raggiungerla, passando attraverso l’unica porta di accesso – ancora visibile – al borgo antico: Porta del Piano. La chiesa, già menzionata nel 1241, oggi si presenta a tre navate e nel corso dei secoli è stata oggetto di numerosi rifacimenti come testimoniano le varie date sugli architravi dei portali (il più importante nel 1526, dopo il terremoto del 1456). Sulla volta della navata centrale, l’affresco dell’Assunzione della Vergine, realizzato da Ciriaco Brunetti nel 1791. Sormonta l’abside il dipinto dell’Ultima Cena realizzato nel 1947 da Amedeo Trivisonno. All’interno, statue di santi ad opera degli artisti oratinesi Silverio Giovannitti (San Gennaro) e Crescenzo Ranallo (San Bonifacio). Nel 1838, Isaia Salati realizzò un pregevole ostensorio d’argento, qui conservato. In questa chiesa si trovano anche le reliquie di San Bonifacio, patrono del paese, e di San Celestino martire.
La piazza centrale è dominata dalla presenza del Palazzo Giordano, edificato nella seconda metà del XV secolo, fuori dalle mura del borgo. Varie sono state le famiglie nobiliari che si sono avvicendate nel possedimento del feudo di Oratino, ma è stata l’ultima – quella dei Giordano – a lasciare miglior memoria di sé. Infatti, fu il duca Gennaro Girolamo Giordano, tra il 1714 ed il 1725, ad ammodernare il palazzo arricchendolo di un ampio ed elegante loggiato sulla facciata anteriore e di splendidi giardini. Secondo documenti d’archivio, il palazzo sarebbe stato originato su di un precedente castello con torri. Grazie al mecenatismo di suo nipote, il duca Giuseppe Giordano – ‘il Solitario del Sannio’ – il piccolo villaggio di Oratino visse una fioritura artistica e culturale unica sul territorio regionale del tempo. Rinomati sono infatti i suoi pittori, scultori, indoratori e vetrai che, formatisi nelle botteghe dei grandi maestri napoletani del tempo, hanno lasciato preziose tracce con le loro opere nel paese stesso, nel territorio regionale e nelle regioni limitrofe.
Fino al secolo scorso erano ancora numerose le botteghe di fabbri e scalpellini, la cui bravura ed estro creativo si possono ancora osservare negli stemmi, nei portali e nelle strutture architettoniche del borgo.
“… qui, animo, lungi dagli affanni con cui il mondo ti attanaglia,
ti chiama la quiete amica del cuore sofferente,
qui è possibile assaporare la quiete, vagare qua e là,
qui godere d’una boccata d’aria più generosa”.
Dalla quartina finale in latino sulla lapide commemorativa
a fine restauro del Palazzo ducale nel 1725
(Ianuarius Hieronymous Giordani – duca di Oratino)
Le fasi costruttive
Raccolta canne
Pulitura canne
Raccolta arbusti di ornello (iattuni) per cerchi
Composizione fasci di canne e preparazione cerchi di ornello
Costruzione ed assemblaggio
Battitura canne
Allestimento e controllo materiale
Trasporto ed innalzamento
Tradizioni popolari
z' seca "la Vecchia"
z’ seca “la Vecchia” è una particolare manifestazione popolare che si svolge durante la metà della Quaresima. Alcuni attori locali (solo uomini) sono i protagonisti di una satira paesana, ricca di battute e canti, messa in scena all’aperto e la cui la protagonista principale è una vecchia signora alla quale, a fine rappresentazione, viene tagliata simbolicamente la schiena. L’intento di questo spettacolo è quello di ‘infrangere’ il periodo di astensione, imposto dalla Quaresima, dai piaceri carnali e della tavola e dai piaceri della vita in generale.
mazz' e piuz'
Il gioco di mazz’ e piuz’ ancora oggi viene praticato avvalendosi di due pezzi di legno (ricavato solitamente dal manico di una scopa o di un badile): uno, forma la mazza (mazz’) (lunghezza 50 centimetri) ed uno, il pivezo (piuz’), di solo 10-15 centimetri, ben appuntito da entrambi i lati.
Con il bastone lungo (mazz’) si deve battere sulla punta di quello piccolo (piuz’); quando il pivezo si alza da terra, si deve cercare di colpirlo con la mazza e mandarlo il più lontano possibile. Il gioco ha regole precise, riportate più avanti, e, ancora oggi, viene praticato con passione e vigore.
Regolamento in breve:
Il gioco consiste nel colpire la punta (con il pezzo a terra) e colpirlo nuovamente al volo cercando di lanciarlo il più lontano possibile. In genere si sceglie una strada non molto trafficata e i ragazzi devono mandarla il più lontano possibile dopo 5 o 10 colpi. Un modo molto diffuso è quello di tracciare 3 grandi cerchi (10 mt. diametro) distanti fra di loro 30 mt. Il lanciatore deve mandare la lippa nel centro sperando che il difensore avversario piazzato al centro di esso non riesca a rilanciarla in quello di partenza.
In tal caso il lanciatore viene eliminato. Vince chi riesce a completare indenne il tracciato completo.
Regolamento completo:
SQUADRE: Si affrontano due squadre, di 2 giocatori ciascuna; all’inizio del gioco si sorteggia chi sta in casa (squadra battitrice) e chi fuori casa (squadra ricevente). All’interno di ogni squadra i giocatori stabiliscono l’ordine secondo cui si alternano nel gioco. PARTITA: Una partita è composta di più “mani” (sono le manche francesi o i games inglesi). Si stabilisce un punteggio da raggiungere (ad es. 1000 punti). Vince la squadra che raggiunge o supera per prima il punteggio prefissato.
MANO: La squadra che sta in casa inizia la mano. Il primo battitore butta in aria la lippa e la colpisce al volo con la mazza, cercando di scagliarla il più lontano possibile. Se uno dei giocatori della squadra ricevente riesce a prendere la lippa al volo, la squadra battitrice viene estromessa e si scambia con la squadra ricevente. La mano termina senza variazioni di punteggio e se ne inizia un’altra con le squadre scambiate.
Se invece la lippa arriva a terra, un giocatore della squadra ricevente la prende dal punto dove si è fermata e, da lì, la lancia verso la casa, cercando di colpire la mazza appoggiata sulle due pietre (in alcune varianti basta far entrare la lippa nel cerchio della casa). Se ci riesce, la squadra battitrice viene estromessa e si scambia con la squadra ricevente e la mano termina senza variazione di punteggio e se ne inizia un’altra con le squadre scambiate.
Se il giocatore ricevente non riesce a colpire la mazza (o a entrare nel cerchio), il battitore inizia a dare 3 colpi, cercando di scagliare la lippa il più lontano possibile dalla casa. Dopo aver dato i tre colpi, la squadra battitrice dichiara la distanza, stimandola a occhio in numero di mazze. Se la squadra ricevente accetta la stima, il numero rappresenta il punteggio di mano, la mano termina e se ne inizia un’altra con la squadra di casa che mantiene la battuta.
Se la squadra ricevente non accetta la stima, si procede alla verifica. In tal caso, se il risultato è favorevole alla squadra battitrice, il punteggio conquistato è pari al numero effettivo di mazze conteggiate e la squadra di casa mantiene la battuta. Se invece il risultato è sfavorevole alla squadra battitrice, in quanto il numero di mazze conteggiato è inferiore a quello dichiarato, la squadra battitrice non raccoglie punti e viene estromessa dalla casa e sostituita dalla squadra ricevente.
Si procede nel gioco fino a quando una delle due squadre raggiunge o supera il punteggio prestabilito.
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